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Alpinismo e politica, le due grandi passioni di Antonio Feruglio “lo spirito libero”

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Venerdì 11 alle 21, all’auditorium di Pasian di Prato sarà presentato il libro “Antonio Feruglio alpinista e spirito libero” di Giovanni Duratti edito dalla Società Alpina Friulana. Parteciperanno l’autore, il presidente della Saf Enrico Brisighelli e l’assessore alla cultura e presidente del sistema bibliotecario del Friuli Paolo Montoneri. Il volume è frutto di quattro anni di ricerche negli archivi nazionali, locali e familiari e contiene un inserto di immagini inedite. La prefazione è a cura del professor Andrea Zannini.

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Antonio Feruglio (1896-1984) appartiene alpinisticamente alla generazione che precedette gli Oscar Soravito e i Celso Gilberti, cioè gli arrampicatori che negli anni Trenta iniziarono a colmare il ritardo ventennale che l’alpinismo friulano si portava dietro dalla fine dell’Ottocento, e che era rimasto intatto dopo la fine della Grande Guerra e le distruzioni e le tragedie che il conflitto aveva portato in Carnia e in tutta la regione.

Cugino del famoso geologo Egidio Feruglio (1897-1954), che avrebbe rinunciato a una carriera universitaria non iscrivendosi al partito fascista, Antonio apparteneva a una famiglia molto nota a Feletto Umberto, alle porte di Udine, nella quale nessuno scampava all’obbligo imposto dalla madre Giustina di studiare: si diplomò, così, ragioniere nel 1916, venne riformato alla visita di leva e finì incarcerato durante l’occupazione austro-tedesca dopo Caporetto per essersi rifiutato di lavorare per gli invasori.

Fu alla fine della guerra, in un Friuli semi-distrutto e un’Italia scossa da tensioni tremende, che Antonio cominciò a dedicarsi alle sue due grandi passioni, l’alpinismo e la politica. La Società Alpina Friulana aveva allora ancora un’impronta fortemente scientifica – ne era presidente Olinto Marinelli – e associativa: l’alpinismo vi rivestiva un ruolo affatto marginale. Per l’avvicinamento alle montagne, per le manovre di corda, i “cittadini” si affidavano all’aiuto prezioso di accompagnatori ed esperti montanari che, anche in Friuli, contrariamente a quanto riporta un cliché storiografico, avevano aperto nell’Ottocento la via delle alte vette.

Le prime salite di cui si ha notizia sono vie normali, spesso compiute nell’ambito dell’attività della Saf a cui è iscritto, anche se nel 1921 è fondatore e primo presidente della Uoei (Unione Operaia Escursionisti Italiani), l’associazione di matrice socialista (mentre il Cai era tradizionalmente liberale) che di lì a pochi anni il fascismo avrebbe provvisoriamente chiuso. Nel 1923 compie una buona messe di salite di livello medio, per l’epoca, formando compagnia fissa con Enrico Bonanni, M. Fachini, Jolanda de Basadonna e Livia Cesare, aprendo anche qualche itinerario nuovo. Ma al termine della stagione viene licenziato dal suo incarico al Consorzio Agrario e arrestato per la sua attività politica.

Con la stretta imposta dal regime a tutte le opposizioni inizia per Antonio un periodo di grande incertezza, durante il quale il suo impegno nel neonato Partito Comunista è sotto la lente di ingrandimento della questura. Prima di essere inviato in confino a Lipari, nell’estate 1927, riesce a salire quella che forse fu la sua prima più difficile, lo Jôf di Montasio da nord-ovest, con Giovanni Cantoni: una via di IV e V grado che la guida delle Alpi Giulie di Gino Buscaini del 1974 riporta come ancora non ripetuta.

Antonio torna dal confino nel 1929 e si impiega nella libreria in centro a Udine acquistata dal fratello, che gestirà per tutta la vita: sono anni durante i quali di lui si sa poco, ma non è difficile immaginare la sua posizione politica, in un’Italia dove era però ormai impossibile, se non a costo della vita, esprimere il proprio dissenso.

Quando finalmente al Paese è restituita la libertà, Antonio è nominato prosindaco per il Pci nella giunta guidata da Giovanni Cosattini. Seguiranno anni di impegno amministrativo (gratuito) e di lavoro nella libreria di famiglia, durante i quali Antonio continuerà a manifestare un’indipendenza esemplare di pensiero, per esempio quando, dopo lo strappo dell’Urss con la Jugoslavia titina, si staccherà dal Partito Comunista.

Giovanni Duratti dedica a questa figura di friulano esemplare e al tempo stesso sui generis uno studio puntiglioso, che raccoglie tutta la documentazione esistente inserendola nel contesto dell’epoca, con grande attenzione per i rivolgimenti attraversati dalla Saf nella prima metà del tormentato Novecento.

Lo studio è arricchito da una serie di medaglioni di compagni e compagne di montagna di Antonio, dalle relazioni delle sue salite pubblicate su In Alto e da altri documenti. Una pagina felice, in mezzo a tante preoccupazioni e tragedie, dell’alpinismo friulano.

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