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Conquistato il K2: team di nepalesi "sconfigge" l'ultimo degli 8mila in inverno

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Conquistato il K2: team di nepalesi

MANTOVA. L'impossibile ora è realtà. L'ultima sfida, la più avvincente e al tempo stesso la più pericolosa è stata vinta. L'uomo è riuscito a mettere piede sull'unico luogo del pianeta ancora inesplorato, almeno per quanto riguarda la stagione invernale. Nel primo pomeriggio del 16 gennaio (le 17 locali) un team di 10 alpinisti nepalesi ha raggiunto la vetta del K2. La montagna degli italiani, conquistata la prima volta nel 1954 da Achille Compagnoni e Lino Lacedelli, era rimasta selvaggia e inesplorata durante i mesi invernali. L'unico 8mila mai violato, l'unico ad aver sempre respinto i tentativi degli alpinisti. Ci hanno provato in molti, ci sono riusciti i nepalesi che di fatto hanno lanciato un messaggio a tutta la cultura montana mondiale: non sono dei semplici sherpa. Ce l'hanno fatta in 10, all'unisono. Hanno diviso la scalata e le relative fatiche per poi aspettarsi a 10 metri dalla vetta. Un modo per dividere anche la gloria. I nomi che entreranno nella leggenda sono quelli di Nirmal Purja, Gelje Sherpa, Mingma David Sherpa, Mingma Tenzi Sherpa, Dawa Temba Sherpa, Pem Chhiri Sherpa, Mingma G. Sherpa, Kili Pemba Sherpa, Dawa Tenjing Sherpa e Sona Sherpa.

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Ora per tutti loro è iniziato il vero e proprio calvario: quello della discesa. Il K2 infatti è uno degli 8mila più complicati da scalare. Infinitamente più arduo dell'Everest che con i suoi 8848 metri è nettamente più alto. Ma la via del K2 è piena di pericoli. Dalla Piramide Nera al Camino BIll fino al temutissimo passaggio del Collo di Bottiglia. Luoghi celebri per gli amanti dell'alpinismo, luoghi che però mettono paura visto l'alto tasso di mortalità che hanno raggiunto nel corso degli anni. La via seguita dai nepalesi è stata quella classica, il mitico Sperone degli Abruzzi sul versante pakistano, così battezzato in quanto battuto per la prima volta dal Duca degli Abruzzi in una spedizione del 1909. Quattro i campi intermedi installati per completare un'ascesa a tappe difficile e altamente pericolosa. 

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A commentare la notizia è l'alpinista mantovano Fausto De Stefani. Lui il K2 lo ha domato nel 1983 in estate e per lui quella rappresentò la prima vetta di 8mila metri di una lunga carriera che lo ha portato a conquistare tutte le 14 cime più alte del globo: "La notizia della conquista del K2 in inverno - afferma - è sicuramente positiva. Nel senso che finalmente è stato raggiunto un traguardo che per tante ragioni è sempre sfuggito. Detto questo dico che prima o poi doveva succedere, anche perché i cambiamenti climatici hanno sicuramente migliorato la situazione invernale sull'himalaya per quanto riguarda il lato alpinistico". L'innalzamento delle temperature ha infatti portato a una stabilità maggiore del ghiaccio a quote alte: "E anche la neve è più compatta, meno incline a valanghe o smottamenti. Diciamo che una scalata in inverno oggi equivale ad un tentativo di inizio primavera di qualche decennio fa". Questo comunque non sminuisce l'impresa dei nepalesi: "Da anni dico che quel popolo ha dei valori unici a livello alpinistico. Hanno una forza eccezionale e hanno una grande capacità di adattamento. Doti fondamentali su quelle cime e in quelle condizioni". Condizioni terribili con venti a oltre 200 chilometri orari e temperature che nei giorni peggiori toccano i -50 gradi.

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Cade quindi l'ultima grande sfida dell'uomo. L'esplorazione più avvincente è cosa fatta. Finisce un'epoca? "Assolutamente no - conclude De Stefani - perché fino a quando la montagna continuerà ad affascinare le persone ci saranno sfide da compiere. Anche solo personali. Il problema è che l'alpinismo è lo specchio della società. E se la società è malata allora anche l'alpinismo in alcuni casi rischia di esserlo. Fondamentale è mantenere l'amore e il rispetto per la montagna. Solo così può restare il punto di riferimento per l'esplorazione".

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