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“Dorothea Wierer dalla storia alla leggenda” ‘Ambesi Winter Corner’

Questi sono giorni in cui si sta scrivendo la storia degli sport invernali. Biathlon, slittino e speed-skating stanno vivendo o hanno vissuto l’edizione 2020 dei Mondiali e, soprattutto nella prima delle tre discipline citate, l’Italia può festeggiare le epiche imprese di Dorothea Wierer. Tuttavia, Anterselva a parte, anche quanto avvenuto a Sochi e Salt Lake City merita di essere analizzato. Inoltre non bisogna dimenticare come nello sci di fondo, Therese Johaug e Alexander Bolshunov si stiano apprestando a riscrivere, a modo loro, il libro dei record.

Andiamo dunque ad affrontare tutti questi argomenti nella XIX puntata di “Ambesi Winter Corner”, la rubrica di approfondimento e analisi tenuta in collaborazione con Massimiliano Ambesi, storica voce e opinionista di Eurosport.

 

Massimiliano, partiamo dalla palma di AZZURRA DELLA SETTIMANA. Ho usato il femminile, perché credo non ci siano dubbi sull’identità della prescelta…
“Se ne sta parlando ovunque e non ci sarebbe molto da aggiungere, ma quanto fatto da Dorothea Wierer nei Mondiali di Anterselva è entrato a pieno titolo nella storia del biathlon e merita di essere rimarcato a più riprese.
Innanzitutto, il conquistare una medaglia d’oro individuale sulle nevi dove si è nati e cresciuti rappresenta un fatto senza precedenti nel biathlon femminile, ma riuscirci per due volte di fila è semplicemente leggendario.
I risvolti emozionali di quanto avvenuto sono sotto gli occhi di tutti e attribuiscono al successo una sorta di aura magica. Non si è però solamente trattato di vittorie di cuore, ma anche di testa, Nell’inseguimento, la strategia è stata pianificata nei dettagli subito dopo la sprint e, in particolare, ha impressionato la lucidità di lettura di ogni momento topico della gara, a partire dalla gestione dell’ultimo bersaglio del poligono finale.
Nell’individuale è emersa la superiorità dell’atleta ormai affermata, che nulla deve dimostrare. Una fuoriclasse capace di non darsi mai per vinta e di sciorinare una seconda parte di gara da prima della classe.
La ventinovenne altoatesina è diventata la terza donna italiana nella storia delle discipline olimpiche invernali a conquistare almeno tre titoli mondiali individuali, impresa coronata in precedenza da Deborah Compagnoni (3 nello sci alpino) e Stefania Belmondo (4 nello sci di fondo).
Wierer è inoltre riuscita a mettersi al passo di Compagnoni e Isolde Kostner, uniche ad avere vinto almeno un titolo in due edizioni consecutive dei Campionati mondiali, pareggiando per di più i conti con Compagnoni e Belmondo, capaci di vincere due titoli nella stessa edizione.
Va da sé che il sogno di tutti i tifosi resta quello di vederla con l’oro al collo nei Giochi Olimpici di Pechino. A quel punto, Wierer chiuderebbe il cerchio diventando la terza italiana dopo Gerda Weissensteiner (slittino) e Arianna Fontana (short-track) a essersi imposta su ogni fronte (classifica generale di Coppa del Mondo, Campionati mondiali e Giochi Olimpici).
Tuttavia, prima di pensare alle prossime Olimpiadi, c’è da provare a vincere la Sfera di cristallo per la seconda stagione consecutiva, fatto che nel biathlon femminile non avviene dal lontano 2002, quando la svedese Magdalena Forsberg completò il proprio irraggiungibile filotto di sei. Di certo non sarà semplice riconfermarsi, ma quando al termine della stagione mancano otto gare, Wierer è in testa alla graduatoria con o senza gioco degli scarti”.

Passiamo dall’IMPRESA DELLA SETTIMANA. A chi assegniamo il riconoscimento?
“L’impresa è stata realizzata dalla squadra russa di slittino, che in occasione dei Campionati mondiali di casa ha assunto i panni della Germania del recente passato lasciando alla concorrenza poco più delle briciole.
Si è di fatto trattato del coronamento di un lungo inseguimento alla leadership tedesca iniziato da un paio di stagioni. Il fatto clamoroso è che la Russia può anche recriminare sull’entità del bottino finale in quanto per via di un’ingenuità è stata squalificata nella prova a squadre in cui si era presentata ai nastri di partenza come indiscussa favorita.
I soli tedeschi Eggert/Benecken, dopo avere mancato il podio nella gara sprint, sono stati in grado di arginare il dominio dei padroni di casa imponendosi nel doppio.
In realtà, anche in seno ai padroni di casa non sono mancate le sorprese.  L’attesa Tatyana Ivanova, in piena lotta per la sfera di cristallo, è stata annichilita da Ekaterina Katnikova, venticinquenne che non era mai salita sul podio in Coppa del Mondo pur essendo un’assidua frequentatrice delle posizioni di vertice. Katnikova, vincitrice di entrambe le gare femminili, è però incredibilmente passata dalla stelle alle stalle causando la squalifica della Russia nella prova a squadre, rea di avere mancato il “padellone” che è necessario toccare all’arrivo.
In campo maschile, alla luce degli ultimi risultati, il russo più atteso era senza dubbio Semen Pavlichenko, ma, alla fine, è emerso il leader della classifica generale di Coppa del Mondo Roman Repilov, che come Loch e Kindl nei mondiali di casa del 2016 e 2017, ha fatto il vuoto in entrambe le gare.
Il medagliere finale ha parlato in maniera inequivocabile, con la Russia al primo posto forte di cinque titoli e la Germania che si è dovuta accontentare di due vittorie”.

Restiamo allora sullo slittino. Come giudichi il bilancio dell’Italia?
“Il bilancio, a mio modo di vedere, resta positivo. Sono state conquistate un paio di medaglie, nonostante non manchi il rammarico perché si poteva raccogliere anche qualcosa in più.
L’emergente doppio composto da Emanuel Rieder e Simon Kainzwaldner ha concluso in seconda posizione la gara sprint confermando i progressi evidenziati negli ultimi mesi. Peraltro, anche il quinto posto ottenuto nel format olimpico deve essere ritenuto più che soddisfacente in quanto l’andamento delle gara testimonia come il gap rispetto ai doppi di vertice sia realmente diminuito.
Il Mondiale di Sochi ha, invece, avuto un sapore agrodolce per l’atteso Dominik Fischnaller, partito forte con la medaglia di bronzo conquistata nella prova sprint, ma rimasto lontano dal podio nel format di gara olimpico per via di una sbavatura nella parte finale della prima discesa.
Il leader del movimento azzurro dovrà ora avere forza e lucidità per dimenticare quanto avvenuto a Sochi perché c’è ancora una possibilità di riuscire a scavalcare il russo Repilov nella classifica generale di Coppa del Mondo. Fischnaller sarà chiamato alla difficile impresa di imporsi nelle ultime due gare con la speranza che un passo falso dell’attuale leader della generale possa consentirgli di ribaltare la situazione. Si gareggerà prima a Wintenberg e poi a Koenigssee, budelli dove l’azzurro non parte battuto, specie il secondo.
Per tornare ai Mondiali, brucia il podio mancato nella prova a squadre  per soli cinquanta millesimi. La prepotente rimonta di Rieder/Kainzwaldner nell’ultima discesa non è stata sufficiente per chiudere il gap rispetto agli Stati Uniti, che sono riusciti a fare la differenza nella frazione femminile. L’anello debole della catena azzurra è stato proprio il settore femminile in quanto Andrea Voetter ha faticato a trovare il giusto feeling con il budello di Sochi. Peraltro, l’impossibilità di schierare la migliore Sandra Robatscher ha comunque avuto la sua incidenza”.

Passiamo al premio di ATLETA DELLA SETTIMANA. A chi lo assegni?
Direi che è arrivato il turno di Therese Johaug. Per la verità, il riconoscimento le sarebbe spettato spesso e volentieri anche in precedenza ed è probabile che la situazione possa ripetersi con buona frequenza da qui a metà marzo.
La fuoriclasse norvegese sta ponendo giorno dopo giorno le basi per riscrivere il libro dei record. Attenzione, non solo dello sci di fondo, bensì delle discipline olimpiche invernali a tutto tondo.
Nella stagione in corso ha già archiviato la bellezza di sedici vittorie e, imponendosi anche solo in due delle tre opportunità ancora a disposizione in questa settimana, potrebbe stabilire il nuovo primato dello sci di fondo battendo il record di 17, che già detiene in coabitazione con l’amica rivale Marit Bjørgen. In realtà, a questo punto, l’obiettivo è quello di raggiungere il record all-time per le discipline olimpiche invernali stabilito dall’asso del freestyle Conny Kissling. La funambola elvetica nella stagione 1990-1991 riuscì a vincere la bellezza di 21 eventi individuali di primo livello e, a oggi, è l’unica ad avere toccato quota venti.
In questi mesi, Johaug, salvo rare eccezioni, non solo ha vinto, ma ha annichilito la concorrenza come è puntualmente avvenuto a Östersund, sede delle prime due tappe del neonato Ski Tour che si snoda tra Svezia e Norvegia. Tecnica libera o tecnica classica, non c’è mai stata differenza perché la superiorità è sempre stata schiacciante. Peraltro, nelle gare contro il cronometro è imbattuta dal novembre del 2018, in sostanza da quando è tornata a gareggiare dopo una squalifica di due anni per doping. Ad Åre, ha aggiunto alla collezione anche il primo successo della carriera in una prova sprint, seppure sui generis, riuscendo a sfatare uno dei pochi tabù ancora rimasti.
Per trovare un’atleta più vincente nelle discipline nordiche di area FIS è necessario scomodare Marit Bjørgen e le sue 132 vittorie. Spingersi fino a quelle vette appare improbabile, ma avanti di questo passo ci sono tutti i presupposti per scollinare oltre quota 100. Al momento, Johaug vanta 76 successi, ma convive con il cruccio di non essersi mai imposta in eventi olimpici individuali. Proprio per questo motivo, è verosimile che vada a tutta ancora per due anni abbondanti con buona pace per la concorrenza, ora inerme”.

Anche in questo caso restiamo sullo sci di fondo, ma spostiamoci sul settore maschile. Perché, anche qui, si sta per fare la storia. Seppur in un altro senso.
“Se in ambito femminile, la Sfera di cristallo è già di fatto nella bacheca di Johaug, in campo maschile il medesimo discorso vale per Alexander Bolshunov, ormai presenza fissa sul podio o quasi in qualsiasi format di gara.
Finalmente, all’alba del 2020, verrà meno lo storico tabù del successo nella classifica generale per un atleta battente bandiera russa.
In questo caso, siamo al cospetto di un fondista veramente eclettico in grado di essere competitivo dalle sprint fino alle 50 km. Di certo, un più che legittimo vincitore della classifica generale di Coppa del Mondo, probabilmente il migliore prototipo di fondista moderno. Magari meno vincente rispetto ad altri sulle singole gare, ma sempre sul pezzo.
Resta solo il rammarico per non avere potuto assistere al duello con Johannes Høstfolt Klaebo, che ha compromesso la sua stagione per via di un incidente domestico o simil tale. Ciò premesso, anche prima della disavventura al luna park del norvegese, l’ago della bilancia pendeva dalla parte di Bolshunov.
Da qui alle Olimpiadi di Pechino, la sfida tra Norvegia e Russia, che ha ormai preso il posto della Svezia, si annuncia entusiasmante, con tante frecce nell’arco di ambedue le superpotenze.
Chissà che mettendo un po’ di pepe a questa sempre più accesa rivalità lo sci di fondo non possa riacquistare parte del seguito perduto.
Sul fronte italiano, Federico Pellegrino ha ottenuto nella sprint in salita di Åre un brillante secondo posto archiviando il terzo podio stagionale. Il risultato è significativo perché il ventinovenne di Nus per la sesta stagione di fila è riuscito a ottenere almeno tre podi in eventi individuali di primo livello. Nella storia dello sci di fondo italiano, la sola Stefania Belmondo è riuscita a spingersi oltre conquistando almeno tre podi per sette stagioni consecutive tra il 1995-1996 e il 2001-2002. Al momento, precedere Klaebo nelle gare sulla breve distanza resta oltremodo complicato, ma proprio il leader indiscusso del movimento azzurro appare l’unico con testa e cuore per provare a inventarsi qualcosa”.

Torniamo sul ghiaccio, ma occupiamoci di speed-skating. Vorrei un tuo commento sui Mondiali disputati nel weekend, perché sono accaduti fatti eclatanti.
“I Campionati mondiali di speed-skating sulle singole distanze sono stati un evento dall’elevato tasso tecnico. Il contesto di gara ha stimolato gli atleti a tirare fuori quel quid in più per andare a caccia di primati a sensazione e non sono mancate prestazioni entrate di diritto nella storia della disciplina.
Prima di iniziare ogni discorso, è importante rimarcare come in questo momento storico tutti i primati mondiali vigenti siano stati ottenuti sull’Olympic Oval di Salt Lake City, sede dell’ultima rassegna iridata. Ovviamente, non si tratta di un caso, perché tra ghiaccio super veloce in perfetto stile nordamericano, alta quota e aria rarefatta non sono mai mancate le condizioni per alzare l’asticella, che significa abbattere sistematicamente  i tempi di percorrenza.
Tra riconferme, regni a sorpresa interrotti e nuovi astri nascenti non è mancato lo spettacolo.
Il medagliere è stato vinto, come di consueto, dall’Olanda, nonostante non siano state tutte rose e fiori. Nel complesso, si è vista anche un’interessante crescita di Russia e Canada, mentre, nel rispetto dell’andamento della stagione, è mancati all’appello la Norvegia a cui si sono aggiunti anche gli opachi Stati Uniti.
Scegliere l’uomo copertina della rassegna iridata non è semplice perché da una parte troviamo il russo Pavel Kulizhnikov, capace di dominare i 500 metri e soprattutto i 1000 con tanto di primato mondiale, e dall’altra la giovane rivelazione canadese Graeme Fish, che ha posto fine al dominio olandese sui 10.000 metri durato la bellezza di 19 edizioni sbriciolando il precedente record che apparteneva al connazionale di scuola olandese Ted-Jan Bloemen, secondo a Salt Lake City.
Tante icone della disciplina sono riuscite a mettersi al collo una medaglia d’oro. In tal senso non si possono dimenticare in campo maschile gli olandesi Nuis e Bergsma, rispettivamente trionfatori nei 1500 metri e nella mass start.
Lo stesso discorso vale in campo femminile, per la giapponese Nao Kodaira, che si è riappropriata del trono dei 500 metri, senza dimenticare le plurimedagliate del passato Ireen Wust e Martina Sablikova, riconfermatesi rispettivamente sui 1500 e i 3000 metri. E’, invece, saltato il banco nei 5.000 metri, caratterizzati da un susseguirsi da prestazioni stellari. Alla ceca Sablikova, in caccia del 22esimo titolo della carriera e imbattuta da dieci edizioni non è bastato il primato mondiale per portare a casa la vittoria in quanto la russa Natalia Voronina al termine di una progressione impressionante è diventata la prima donna ad abbattere il muro dei 6 minuti e 40 secondi ponendo fine al regno di una delle pattinatrici più vincenti di sempre”.

Come mai non hai citato il leggendario Sven Kramer? Anche lui ha lasciato il segno…
“Perché volevo dedicargli un capitolo a parte. Kramer, superati i problemi fisici della prima parte della stagione, ha trascinato il terzetto olandese alla conquista del titolo iridato nell’inseguimento maschile con tanto di primato mondiale di ordinanza. Il successo ottenuto a Salt Lake City è storico in quanto ha consentito al fuoriclasse di Heerenveen di eguagliare il primato di successi nei Campionati Mondiali delle discipline olimpiche invernali. Kramer, che aveva sfiorato il successo sui 5.000 metri, battuto di una stretta incollatura da Bloemen, si è infatti messo al collo la 30esima medaglia d’oro della carriera ed ha raggiunto in vetta alla graduatoria la cinese Yang Yang A.,ex atleta di short-track e ora figura di spicco in seno al Comitato Olimpico Internazionale. Nel corso della lunga carriera, il trentatreenne olandese ha conquistato 22 titoli individuali e 8 a squadre, mentre Yang Yang ha raccolto una vittoria individuale in meno pareggiando i conti grazie alle prove a squadre.
Attenzione, perché con la forma evidenziata a Salt Lake City, Kramer tra un paio di settimane potrebbe anche andare a caccia dell’ennesimo titolo all-round, sempre che però venga selezionato”.

Anche qui, come per i Mondiali di slittino, ti chiedo un bilancio sull’Italia.
“Sono arrivati discreti piazzamenti ed è caduto qualche primato nazionale, ma nelle tre competizioni in cui c’era possibilità di conquistare medaglie, gli atleti azzurri hanno mancato l’appuntamento con il podio.
Il più in palla del gruppo è parso Andrea Ghiotto, che si è battuto alla grande in entrambe le gare sulle lunghe distanze, scendendo sotto i 13 minuti nei 10.000 metri conclusi al sesto posto.
L’attesa Francesca Lollobrigida, dopo tre quarti posti consecutivi, ha terminato la mass start in quinta posizione, ma si è tolta la soddisfazione di migliorare i primati italiani di 1.500 e 3.000 metri. Va detto che il livello delle mass start sta salendo stagione dopo stagione e per riuscire a salire sul podio occorre essere coadiuvati da un’altra atleta di supporto, ma, in quest’occasione, è mancata all’appello Noemi Bonazza, tornata in Italia in anticipo dopo le difficoltà emerse all’inizio della rassegna iridata. Le cose non sono andate meglio nella mass start maschile, condizionata da una specie di fuga bidone. Andrea Giovannini si è dovuto accontentare della sedicesima piazza, ma anche in questo caso il fatto di gareggiare senza compagni di squadra si è rivelato oltremodo penalizzante.
Infine, nell’inseguimento maschile è arrivato un sesto posto un po’ al di sotto delle aspettative della vigilia. Il risultato è stato però figlio di una condizione non al top per Nicola Tumolero, ritiratosi nella seconda metà dei 10.000 metri dopo avere tenuto un ritmo infermale per cinque chilometri, e Andrea Giovannini.
Probabilmente, non tutti gli atleti italiani sono riusciti a trovare il giusto feeling con il ghiaccio velocissimo di Salt Lake City e, a conti fatti, il bilancio resta al di sotto delle aspettative. Si tratta, in ogni caso, di una tappa di passaggio”.

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Foto: Massimiliano Ambesi

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