La casa delle leggende del golf
E’ qui che nel 1930 Bobby Jones, il golfista americano che non volle mai diventare professionista, vinse l’Open Championship completando, unico caso nella storia del golf mondiale, il Grande Slam, cioè vincere nella stessa stagione i quattro Major dell’epoca. Sempre su questo percorso il campione spagnolo Severiano Ballesteros, destinato a diventare un mito di questo sport, nel 1979 conquistò poco più che ventenne la Claret Jug, il primo dei suoi cinque successi nei Major, e proprio sul green della buca 18 fu immortalato nella sua immagine più iconica: quella con il braccio piegato e il pugno chiuso in segno di esultanza. Bastano questi due straordinari episodi per definire la storia e la tradizione del Royal Lytham & St. Annes Golf Club, il campo che si trova a nord di Liverpool, sulla costa occidentale dell’Inghilterra. Il suo claim “Cammina sul sentiero delle leggende” non poteva essere più azzeccato considerato che su questo tracciato si sono giocati undici Open Championship, due Ryder Cup, cinque Open Championship femminile, sei Open Championship senior e una Walker Cup. Tutti i campioni del golf mondiale di ogni epoca hanno calpestato i fairway del Royal Lytham & St. Annes.
E’ un campo poco spettacolare dal punto di vista estetico, ma è estremamente impegnativo. Le buche si fanno ricordare non tanto per il loro aspetto quanto per la loro difficoltà. La caratteristica di questo links duro e puro, dal quale, però, non si vede mai il mare che dista circa un chilometro dal lato più occidentale che si trova lungo una ferrovia, è rappresentata dall’incredibile numero di bunkers presenti sul percorso: sono ben 206. Nessun campo della Gran Bretagna ne ha così tanti. Impossibile, o quasi, riuscire a completare un giro al Royal Lytham & St. Annes senza finire in qualcuno di essi. Il più famoso è certamente quello che si trova sul lato sinistro del fairway della buca 17, un lungo par 4 con il green mezzo nascosto, dove una targa commemorativa ricorda il tiro effettuato da quel bunker da Bobby Jones nell’ultimo giro dell’Open Championship del 1926 quando mise la pallina a poca distanza dalla bandiera con un colpo incredibile da quasi 180 metri, considerata l’attrezzatura dell’epoca, che gli permise di portarsi al comando della classifica e vincere il torneo. Il record della buca con il maggior numero di bunkers spetta al par 5 della sette con oltre 20 trappole di sabbia distribuite a piene mani da punto di caduta del tee shot fino al green.
Il percorso fu inaugurato nel 1897, dieci anni dopo la fondazione del club. Ad individuare l’area, che si trovava allora nei sobborghi dell’omonima cittadina inglese, fu il professionista del circolo George Lowe che ne disegnò anche il lay out originario. Attorno al 1920 Harry Colt, prestigioso architetto inglese dell’epoca, fu autore di un robusto rimodellamento del tracciato definendone la conformazione come appare sostanzialmente oggi anche se nel corso del tempo sono stati fatti piccoli aggiustamenti. Adesso lo sviluppo della zona residenziale circonda quasi completamente tre lati del percorso.
Le prime nove buche si snodano lungo la parte accanto alla ferrovia la cui massicciata separa il tracciato dal mare. Proprio la vicinanza della linea ferroviaria rappresenta uno dei pericoli nelle buche iniziali: vietato sbagliare a destra altrimenti la pallina finisce sui binari. Le seconde nove buche rientrano verso la club house con qualche allargamento trasversale come la 12 e la 13. Il finale è roba per golfisti duri con una sequenza di buche molto impegnative tra la 14 e la 17 dove si possono rovinare molti score come accadde all’australiano Adam Scott nell’Open Championship del 2012 quando una serie di suoi errori nelle buche conclusive consegnarono la vittoria al sudafricano Ernie Els. La 18 è un par quattro dritto senza particolari problemi, a parte i numerosi bunkers che costeggiano entrambi i lati del fairway. Il green è a ridosso della clubhouse, una tipica costruzione di mattoni rossi in classico stile “old England”.
Un’altra singolarità del Royal Lytham & St. Annes è che la buca d’apertura è un lungo par tre, unico tra i campi della rota dell’Open Championship ad avere questa particolarità. E’ un campo piuttosto lungo con i suoi quasi 6.500 metri con un par 70 e sia i fairway che i green sono quasi sempre molto duri e veloci per cui il controllo dei colpi è davvero complicato. Non a caso il club consiglia ai visitatori di essere in possesso di un handicap inferiore a 21. Tra l’altro il green fee non è per niente economico: si va dai 400 euro durante la settimana ai 480 euro del weekend.
E’ vero che non è un campo spettacolare ma l’emozione di vivere l’esperienza di giocare 18 buche di altissimo livello tecnico “camminando sul sentiero delle leggende” è decisamente impagabile. Bernard Darwin, probabilmente il più grande giornalista e scrittore inglese di golf del secolo scorso, definì il percorso del Royal Lytham & St. Annes come una “bestia difficile da dominare, ma una bestia giusta.”
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