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Di padre in figlio, da Tiger a Charlie: dinastia Woods nel golf

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MALDINI
SACCHETTI
ROSBERG
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Woods, ma non Tiger. La copertina stavolta se la prende suo figlio Charlie. Undici anni, un talento luminoso. Tale padre, forse tale figlio. Insieme, per ora, hanno cominciato a stupire. Charlie e Tiger (che il 30 dicembre compie 45 anni) hanno infatti segnato con i loro colpi il PNC Championship, gara a coppie su 36 buche a cui partecipano 20 campioni, vincitori di major o di tornei importanti, in squadra con un parente sul percorso del Ritz-Carlton Golf Club (par 72), a Orlando in Florida. Dna da campioni. Il piccolo Woods in buca 3 ha messo a segno un eagle, colpo spettacolare, giocata da mago che sui social sta facendo il giro del mondo. «Mi ha reso orgoglioso», ha dichiarato il vincitore di 14 major a fine giornata.

https://twitter.com/ChampionsTour/status/1340826591425941507

La cosa incredibile è che Charlie Axel ha visto suo padre giocare (e vincere) soltanto sul tablet. Lui e la sorella Sam Alexis – scherzando – hanno sempre detto di considerare il padre uno «Youtube golfer». Charlie è nato nel febbraio del 2009. A novembre il padre Tiger finì nel pozzo più buio della sua vita, dopo l’incidente in auto con la moglie Elin Nordgreen che scoperchiò la sua dipendenza dal sesso. Da allora furono solo guai. L’infortunio alla schiena lo ha tenuto a lungo lontano dal green. E Tiger Woods – tra cadute e tentativi di rinascita – non è mai più stato lo stesso. Ora – con il testimone che potrebbe passare al figlio – si ripropone l’antica domanda: il talento è questione di dna?

La storia dello sport in realtà ci dice e ci ripete ogni giorno che il dna non è un destino, ma una delle tante possibilità. Sappiamo anche – però – che ogni volta che nello sport si parla di padri e figli; si entra in una centrifuga sentimentale che scardina la logica e falsa affettuosamente la realtà. E se è vero che è la carta d’identità a marcare il distanziamento anagrafico, per definire quello qualitativo bisogna aspettare che il Tempo faccia il suo lavoro e che il curriculum prenda forma.

Padri e figli famosi, dunque. La stellina dell’atletica italiana – Larissa Iapichino – è figlia della miglior lunghista azzurra della storia, Fiona May. Avanti: Michael e Mick Schumacher, una leggenda e una promessa della Formula 1. A Jacques Villeneuve riuscì – nel 1997 – quello che a suo padre Gilles (morto in pista nel 1982) non era riuscito: vincere un Mondiale di F1.

Diverso il destino dei Rosberg, entrambi capaci di trionfare: Keke nel 1982 su Williams e il figlio Nico su Mercedes nel 2016. Quando vinse disse: «Ho eguagliato mio padre, ora posso smettere». E si ritirò dalle corse. Nel basket Romeo e Brian Sacchetti – coach e giocatore – hanno vinto insieme uno scudetto a Sassari nel 2015.

Figli che superano i padri: Valentino Rossi figlio di Graziano, buon pilota di MotoGp negli anni ’80; così come Paolo figlio di Cesare Maldini, bandiere del Milan che – l’albergo genealogico non mente – ora può contare anche sul 19enne Daniel. La storia infinita.

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