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Calcio, emozioni e ricordi, Facchetti junior racconta le storie dello stadio di San Siro martedì a Voghera

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Calcio, emozioni e ricordi, Facchetti junior racconta le storie dello stadio di San Siro martedì a Voghera

Adriano Celentano avrebbe fatto un provino per l’Inter. E sarebbe stato scartato. Alto sì, forse forte sui colpi di testa, ma poco coordinato nella corsa. A dire di “no” e indirizzarlo verso altra carriera, sarebbe stato Giuseppe Meazza, per tutti “Peppino”, il grande centravanti che ha dato il suo nome allo stadio di San Siro. E ora che lo stadio è sul punto di essere abbattuto (ma forse no) Gianfelice Facchetti, attore e drammaturgo, figlio del grande Giacinto, mette insieme duecento pagine per raccontarci che “C’era una volta San Siro”.

Il libro “C’era una volta a San Siro-vita, calci e miracoli” di Gianfelice Facchetti, sarà presentato a Voghera domani alle 21, in via Cavallotti 16, nel giardino di “Voghera è”. Dialoga con l’autore Gigi Furini, giornalista. In collaborazione con l’Inter club Voghera.

Viaggio nella pancia

È un viaggio nella pancia dello stadio forse più bello del mondo. Magari non più attuale, ma ricco di storia, custode di segreti. E chi di noi non è uscito, almeno una volta, ridendo o piangendo da San Siro? Dipende dai casi, si dirà. Facchetti, comincia a frequentare lo stadio accompagnato dal padre. «Anche se il luogo di lavoro – dice – erano i campi di Appiano Gentile, dovesi preparava la partita». Racconta quando, da bambino, ti viene il groppo in gol la prima volta che passi i cancelli e vedi il grande catino.

Di padre in figlio, Gianfelice ci ha portato anche il suo bambino, Lapo, di appena sei anni. C’è in programma Inter-Cagliari. E’ in corso una contestazione di tifosi contro il centravanti, Mauro Icardi. E in bella mostra c’è una grande cartello con scritto: “Vile merdaccia”. Gianfelice è imbarazzato, il figlio chiede spiegazioni, lui se la cava come tanti papà: “Lo vuoi un gelato”? Tanti i ricordi. Chi si ricorda di quando Benito Lorenzi, per tutti “Veleno”, centravanti dell’Inter, mette un limone sul dischetto del rigore a cinque minuti dalla fine di un derby? Il rigorista del Milan sbaglia a tirare e l’Inter vince la partita. Merito del limone? Il giorno dopo, Lorenzi, che è fervente cattolico, va addirittura a confessarsi, convinto di aver commesso un peccato.

Poi c’è la storia di Silvio Smersy, detto il “Sivori della serie B”. Gioca nel Padova, ma è anche attore e pittore. E dove trova un ingaggio per debuttare nel cinema? Ma a San Siro, dove il regista lo vede con il binocolo e lo chiama per un colloquio. Finché, mancando proprio il giocatore all’ora di scendere in campo, l’altoparlante dello stadio, invita Smersy a presentarsi negli spogliatoi.

E, a proposito di altoparlanti, i meno giovani ricorderanno la voce profonda e senza inflessioni che annunciava prima gli estintori “Meteor” e poi le formazioni delle squadre. Era di un dipendente comunale che, fino il giorno della pensione ha confessato di essere stato sempre indifferente a Inter o Milan. Perché? “Io sono tifoso della Juventus”. Tiè.

Bella la storia della costruzione dello stadio, nel 1925. Lo aveva voluto l’ingegner Pirelli, presidente e proprietario del Milan. E sotto la tribuna, accanto agli spogliatoi, ci aveva fatto costruire l’alloggio per l’allenatore (oltre che i fienili per i cavalli del vicino ippodromo). E ve li immaginate, oggi, sotto lo stadio, gli alloggi di Pioli e Inzaghi? Certo, sono passati quasi cento anni e allora San Siro era in aperta campagna. Ma una foto, contenuta nel libro, ci racconta che anche dopo, quando era già stato costruito il secondo anello, nei prati attorno allo stadio ci portavano a pascolare le pecore.

San Siro che non è stato e non è solo uno spazio per il calcio. Ci hanno fatto incontri di boxe e d’estate ospita concerti. Resta impresso quello di Luciano Ligabue, tifoso nerazzurro, che scrive anche la prefazione al libro di Facchetti. E la prefazione commuove.

La storia di “Budda”

E’ la storia di “Budda”, un ragazzino un po’ sovrappeso che ama sedersi con le gambe incrociate (di qui il soprannome). “Budda”, che in verità si chiama Andrea, sa tutto dell’Inter, dei giocatori, degli schemi. Conosce a memoria i risultati, una vera enciclopedia. Al bar, nelle discussioni (Facchetti scrive che San Siro è un Bar Sport sempre aperto), “Budda” è imbattibile. Poi, già uomo adulto, si ammala di cancro.

Sono i suoi ultimi giorni di vita quando Ligabue chiede all’Inter di portare “Budda” in visita ad Appiano. I due arrivano, incontrano i giocatori e l’allenatore, restano lì a pranzo. Poi tornano a casa e gli esami medici su Andrea dicono che c’è stato un piccolo miglioramento della sua salute. Vedi cosa possono fare le emozioni? Lo stadio anche senza pubblico, per Facchetti ha una voce. È calda e piena di vita. E sussurra poche parole all’orecchio di un bambino: “Vieni, ti porto a San Siro”.

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