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Europei, per rispondere a Erdogan il premier Draghi segna la strada della ripartenza: dopo il sì ai tifosi allo stadio difficile imporre chiusure

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Europei, per rispondere a Erdogan il premier Draghi segna la strada della ripartenza: dopo il sì ai tifosi allo stadio difficile imporre chiusure

L’Europeo di calcio si farà (anche) in Italia. Il via libera che mancava dal governo è arrivato sul filo di lana, a pochi giorni dalla scadenza, sulla scia delle pressioni della Uefa (pronta a mollare l’Italia) e la scelta del premier Mario Draghi di non perdere il torneo. Sì alle partite ma soprattutto sì agli spettatori negli stadi, almeno il 25% della capienza, la quota richiesta dalla Uefa per mantenere Roma come una delle sedi ospitanti e città inaugurale del torneo. Non si tratta di una quota simbolica, parliamo di circa 17mila persone. Di fatto, significa riaprire tutta l’Italia dal mese di giugno, perché a quel punto con l’Olimpico pieno e in festa sarà difficile tenere chiusi ristoranti, cinema, teatri, il resto. Quello dell’Uefa era una specie di ultimatum. E per il governo è un punto di non ritorno.

Euro 2020 (pardon, 2021) fin qui è stato un torneo maledetto. Michel Platini l’aveva voluto itinerante, 12 città in giro per tutto il continente, gironi divisi a metà fra Bucarest e Amsterdam, Bilbao e Dublino, con due centri privilegiati, Londra per le final-four, e un po’ anche Roma con l’inaugurazione. Poi è arrivato il coronavirus. L’Uefa ha accettato di rinviare dal 2020 al 2021, per far concludere campionati e coppe dello scorso anno in estate, ma non è disposta a fare ulteriori concessioni. Né sul calendario (si giocherà dal 12 giugno all’11 luglio 2021), né sulla formula, che resta itinerante. Tantomeno sul pubblico: il numero uno Aleksander Ceferin pretende spettatori sugli spalti. Così tutte le sedi ospitanti sono chiamate a garantirli.

Una prima decisione era prevista a marzo, è slittata ad aprile. La settimana scorsa era arrivata la conferma di 8 su 12 città. San Pietroburgo (Russia) e Baku (Azerbaijan) avevano già garantito addirittura 50% di capienza dei loro stadi: circa 35mila persone, ma del resto in questi Paesi le restrizioni sono già ridotte al minimo. Amsterdam, Bucarest, Copenhagen e Glasgow oscillano tra il 25 e il 33%. Londra, dove si giocherà la gran finale, è al 25% (che comunque per Wembley vuol dire oltre 20mila spettatori), la soglia minima fissata dalla Uefa. Restavano in bilico quattro città: Dublino, Bilbao, Monaco di Baviera e appunto Roma.

Già la settimana scorsa il n. 1 della Figc Gabriele Gravina aveva celebrato il via libera del ministro Roberto Speranza, che però non aveva indicato alcuna quota di spettatori. Una fuga in avanti che aveva irritato tutti: la Uefa, insoddisfatta di una garanzia che di fatto non c’era (e pronta a scaricare Roma per la prima che passava: anche Istanbul, proposta da Erdogan per la gara inaugurale contro la Turchia); una parte del governo e del Comitato tecnico-scientifico, poco propenso al sì. Così dopo giorni di tensioni e trattative stavolta è arrivato il placet finale, a pochi giorni dalla scadenza della Uefa, che pretendeva una risposta entro lunedì: la sottosegretaria allo Sport Valentina Vezzali ha firmato una nota in cui compare finalmente la fatidica soglia del 25%, che l’Uefa voleva sentirsi dire. Dovrebbe bastare perché Roma sia della partita.

Resta da capire come si entrerà allo stadio: difficile limitare l’accesso ai soli vaccinati (per questioni legali), la soluzione potrebbe essere quella di un tampone entro le 24-48 ore prima della partita, come in aereo. Formalmente non è da escludere nemmeno la presenza di tifosi stranieri (che spaventa il Ministero della Salute), per cui però la Uefa ha accettato che restino in vigore tutti gli obblighi di quarantena, se ce ne saranno a giugno. Di certo fino ad oggi la linea del governo era sempre stata di massimo rigore nei confronti del pallone: anche nei momenti di massima apertura, la scorsa estate, quando il Coronavirus sembrava ormai svanito, non si era mai superata la quota simbolica di mille spettatori negli stadi. Ora, in condizioni epidemiologiche decisamente più complicate, si rompe invece l’argine. Riapriranno gli stadi, non solo per gli Europei, perché dopo giugno (se l’esperimento non fallirà in modo clamoroso) sarà difficile imporre di nuovo le porte chiuse ai club di Serie A. E ovviamente non solo quelli, perché sulla scia del pallone tanti altri eventi, sportivi e non, reclameranno parità di trattamento. Con Euro 2021 il governo dice sì alle riaperture.

Twitter: @lVendemiale

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