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Il Pibe de oro, la sua Claudia, l’Amiata, quella pazza estate di calcio e tifo

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Il Pibe de oro, la sua Claudia, l’Amiata, quella pazza estate di calcio e tifo

CASTEL DEL PIANO. Il Napoli arriva per la prima volta a Castel del Piano, in ritiro precampionato, a metà luglio del 1980. Diego Armando Maradona gioca ancora in Argentina, nel Boca. L’allenatore azzurro è Rino Marchesi, che due anni dopo il consiglio comunale di Castel del Piano proclamerà cittadino onorario “per aver contribuito, con il suo prestigio di allenatore, a rendere conosciuta e amata la nostra città dagli sportivi italiani, eleggendola quale sede di preparazione”.

È lo stesso Marchesi, quattro anni dopo, a scegliere di nuovo l’Amiata. È l’estate della pazza trattativa per portare in Italia il calciatore più forte del mondo, tesserato con il Barcellona. «Quando il Napoli si trasferì a Castel del Piano in ritiro – racconta Roberto Spampani, bomber e bandiera della Neania tra il 1982 e la metà degli anni Novanta – in pochi immaginavano che quella trattativa, in Spagna, sarebbe stata chiusa qualche giorno dopo. La rosa azzurra era da retrocessione e in paese l’entusiasmo era decisamente inferiore a quello mostrato per l’Inter nell’estate del 1982. L’anno precedente, invece, era salita sull’Amiata la Lazio. Sempre al Gran Hotel Impero, dove erano abituati a ricevere società blasonate». I ritiri estivi erano iniziati nell’agosto del 1976 col Pisa, poi la Ternana (1977), l’Avellino (1978 e 1979), il Napoli nel 1980, il Vicenza l’anno dopo.

Spampani era in campo nella prima partita in Italia di Maradona. «Giocai il primo tempo – ricorda – eravamo pronti a queste partite, da sparring partner. Due anni prima avevamo affrontato l’Inter di Beccalossi, senza i giocatori che avevano disputato il Mondiale del 1982». Quel 2 agosto 1984 lo ricorda perfettamente: «Nel prepartita il mister (mi pare fosse Raffaele Zambonelli, o forse Bruno Chinellato) presentò brevemente Maradona, per quanto non ce ne fosse bisogno, poi disse a Corrado Corsini, mediano con un gran cuore, a volte schierato anche come terzino sinistro, di marcarlo a uomo, alla Gentile. Noi tutti ci mettemmo ridere. Anche perché, fin dal giorno prima, i giornali sportivi si interrogavano su chi fosse il marcatore di Diego. Corsini, comunque fosse andata, a fine partita sarebbe stato il giallorosso più intervistato. Sappiamo come finì: 13-1 con 4 gol di Maradona in uno stadio gremito e una tribuna stampa traboccante di giornalisti di mezzo mondo».

Nota di cronaca: la prima intervista a Diego la fece un giornalista televisivo locale, Mario Roggi di Telemaremma, a cui fu permesso (l’unico tra decine di colleghi) di seguire la partita dal campo accanto all’operatore, grazie ai buoni uffici di Carletto Iuliano, capo ufficio stampa del Napoli.



Maradona era arrivato a Castel del Piano il 25 luglio, subito dopo la festa di presentazione a Napoli. Una settimana dopo affrontò la Neania, rinforzata da un paio di giocatori indigeni tesserati con altre società. Il paese, con l’arrivo di Maradona, si trasformò. In una settimana spuntarono ovunque bandiere azzurre. L’entusiasmo fu contagioso e, approfittando delle ferie, in migliaia vennero a vedere Maradona, letteralmente assediato dall’affetto della gente nel percorso che divideva l’albergo dal campo. «È così – conferma Corrado Corsini, oggi imprenditore di successo – il nostro paese visse dieci giorni di festa, invaso dai tifosi partenopei e da tantissimi appassionati. Mi ricordo, per esempio, che all’Hotel Amiata alloggiava Claudia Villafane, la fidanzata di Maradona. Comunque non ci furono mai disordini, solo euforia. Cosa ricordo della partita? Che Diego fece diversi gol (uno bellissimo), che non parlava italiano e che a un certo punto, sulla fascia, lui provò a saltarmi, ci fu uno scontro ed entrambi andammo a finire contro i fotografi che stavano a bordo campo. Si alzò per primo e mi dette la mano. Sapevo di avere gli occhi addosso di tutti, io quanto lui». Corsini fu intervistato da diversi giornali: «Mi presentarono come il fornaio che aveva provato a fermare Maradona. In queste ultime 24 ore le telefonate che ho ricevuto mi confermano quanto quella partita sia rimasta impressa nella memoria collettiva». —

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