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Il primo Natale in nero di Sissi a Miramare fra noiosi balli e nostalgie di perdute gioie

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Il primo Natale in nero di Sissi a Miramare fra noiosi balli e nostalgie di perdute gioie

TRIESTE Ci aveva provato Elisabetta imperatrice d’Austria, nata duchessa di Baviera, a introdurre nella reggia di Hofburg a Vienna lo stesso clima esaltante del Natale vissuto nella famiglia d’origine.

Stelle di paglia, di cartapesta, pigne dorate legate con nastrini decorano l’albero principale, nel cosiddetto Appartamento di Alessandro, che ospita i ricevimenti per l’aristocrazia vicina e lontana. Sulla cima un angelo regge la scritta “Gloria in excelsis deo”; candele, tantissime, a simboleggiare la luce discesa sul mondo.

Disertata Vienna, che odia, Sissi considera spenta quella luce, definitivamente, celebrando nel 1889 il primo Natale in nero al Castello di Miramare in forma privata. Doppio lutto quando prima era stata doppia festa. Per se stessa che compie gli anni proprio alla Vigilia, e per l’erede Rodolfo, morto suicida. Sissi ha 35 anni e da allora il suo guardaroba, salvo in due casi, non conoscerà altro colore. Ma la figlia più giovane Maria Valeria nei diari ricorda l’incubo del clima greve che da tempo ghiacciava il palazzo imperiale durante il Natale.

Eppure con i figli bambini, lei stessa quasi bambina, preparava un tripudio di abeti in ogni stanza grondanti dolciumi, frutta candita, agrumi tempestati di chiodi di garofano. Quella cupezza l’ha provocata Francesco Giuseppe, sposato con il dovere invece che con Sissi?

Povero nostro Franz, che ha eletto a principio la frugalità, si alza prima che il gallo canti e mangia come un uccellino. Costretto dall’etichetta a cambiare uniforme anche venti volte al giorno, tre colazioni di lavoro a settimana con ministri, diplomatici, arciduchi, qualche principe di passaggio. Dieci portate sì, ma nella pratica viste dai commensali con il binocolo. Si alzano da tavola affamati dato che il pranzo dell’imperatore è sbrigativo sempre, salvo che nelle feste comandate. Avaro con se stesso, tirchio con la servitù, la mancia natalizia ricavata, senza tatto, dalla vendita all’asta degli effetti personali dei sovrani.

Per fortuna il pranzo di Natale è un dovere, quindi si confà alla ferrea disciplina dell’imperatore. Vigilia in bianco con la carpa, l’arrosto di tacchino a Natale, e quello di cinghiale o altra cacciagione a Santo Stefano. Chissà, magari in piatto finisce proprio la selvaggina di Sua Maestà che tra gli obblighi di Stato ritaglia non poco tempo allo sport venatorio: nel suo paniere pare siano finite complessivamente almeno 55 mila prede. Bandito il manzo, per rispetto del bue che con il suo fiato riscaldò Gesù, bandito l’agnello, riservato alla Pasqua. E poi, composta d’arancia, fegato d’oca, insalata russa, formaggi. Sissi in dieta perenne soprassiede per i dolci: il Mohr im Hemdt (Moro in camicia) e la Ribiselkuchen (torta di ribes).

Ma neanche in questa occasione si transige sugli orari: i coniugi si coricano prima di mezzanotte perché il giorno successivo si torna al dovere del cerimoniale, raggiungendo in carrozza con codazzo al seguito il duomo di Santo Stefano per la messa. È solo l’inizio delle fatiche invernali dell’essere a capo di un impero immenso ma che a Sissi sta stretto. Alla routine da sovrana anteporrà i sempre più frequenti viaggi all’estero, in realtà fughe dal protocollo di corte. I balli che per le altre sono delizia, per lei sono una croce. L’imperatrice accusa malori per non presenziarvi, specialmente al tour de force più atteso dell’anno che si compiva a fine gennaio, con due soirée dal nome simile ma di diverso peso. Come darle torto. Nella godereccia patria del valzer si danzava un po’ dappertutto: nelle case borghesi per divertirsi, a corte il ballo era la pista per matrimoni, tresche e trame, dalla procedura sfiancante per chi siede sul trono ma deve stare in piedi oltre un’ora a scambiare convenevoli.

Siccome l’Austria era un paese ordinato, al Ball bei Hof, Ballo a Corte, duemila ospiti sfilavano per grado d’importanza nella Sala delle Cerimonie al cospetto dell’augusta famiglia impalata a sorridere. Finalmente alle 21.30 attacca l’orchestra e termina di suonare a mezzanotte, quando i sovrani si ritirano. Danzare, data la calca, è stato impossibile ma per le giovani nobildonne la presentazione alla sovrana, quando c’è, suggella l’ingresso in società, aprendo la stagione di caccia al buon partito.

Tempo di cambiarsi d’abito e due settimane dopo la musica riattacca. Anche se nell’Hofball, il Ballo di Corte, al confronto del Ballo a Corte, si gode dell’intimità di soli settecento ospiti, e agli eletti dell’aristocrazia viennese viene servita una cena al tavolo invece del buffet. Ahimè, quando Sua Maestà Imperiale si alza dal banchetto diretto alla sala da fumo, i nobili lo seguono, abbandonando le dodici portate da cui hanno appena piluccato. Sempre al ritmo di Francesco Giuseppe, per il quale l’intrattenimento è parte del cerimoniale deontologico del 1848, quando è salito al trono.

Ma l’estinguersi della monarchia non cesserà di far sognare le blasonate non solo austriache. I due appuntamenti mondani saranno convogliati nell’Opernball, il Ballo delle debuttanti, ogni anno all’Opera di Vienna e che vanta numerosi tentativi d’imitazione. E mentre volteggiano le fanciulle in fiore magari si chiedono perché mai Sissi si annoiasse da morire. —


 

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