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Il ciclismo friulano piange il mito Pizzali, oro a Melbourne anche senza medaglia

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Il ciclismo friulano piange il mito Pizzali, oro a Melbourne anche senza medaglia

UDINE. Il ciclismo friulano e italiano piange la scomparsa di Virginio Pizzali, olimpionico e pluricampione di ciclismo su pista. Il cuore del pistard morteglianese, da tempo malato, ha smesso di battere domenica sera e la notizia, tenuta sotto riserbo per rispettare le volontà della famiglia fino alla tumulazione di ieri, s’è rapidamente sparsa nell’ambiente delle due ruote.

Tutti conoscono la storia di Virginio, ora nell’olimpo dei grandi atleti, assieme al compaesano calciatore Ezio Pascutti, ex centravanti del Bologna, scomparso nel 2017: sono le due stelle dello sport sotto al campanile più alto d’Italia.

La storia di Virginio Pizzali, che in pista corse più volte anche con Coppi, è legata a doppio filo a due episodi controversi del ciclismo del ventesimo secolo: due cadute che hanno caratterizzato la carriera dell’atleta friulano.

La prima, nelle fasi di qualificazione alle Olimpiadi di Melbourne, nel 1956: come componente del quartetto dell’inseguimento a squadre (la stessa nella quale il bujese Jonathan Milan è diventato, di recente, campione olimpico e mondiale), cadde e si fratturò una clavicola, non potendo più risalire in bicicletta nei giorni successivi.

Ai giochi australiani fu sostituito da Valentino Gasparella che, assieme a Faggin, Domenicali e Gandini, i tre azzurri supersiti, riuscì a vincere l’oro. Una medaglia che poi Virginio provò a chiedere nei decenni successivi, con garbo e motivazioni, com’era nel suo stile, senza mai riuscirci.

La seconda caduta, la seconda maglia strappata, arrivò ai mondiali del 1959 al velodromo di Amsterdam.

Quando ormai già aveva in tasca la vittoria nel derby, la specialità dietro la motocicletta, un’incomprensione con il pilota Arthur Pasquier, lo fa ruzzolare di nuovo a terra. Sconfitte epiche, ma anche vittorie di prestigio.

Si mise in luce da giovanissimo a Ragogna, quando partì in bicicletta da Mortegliano per andare alla partenza della corsa, che poi vinse e al termine della quale rientrò a casa, sempre pedalando. Corse per il mitico Dino Doni, fu protagonista su strada e soprattutto in pista.

Vinse due titoli italiani da dilettante e fu quattro volte campione italiano dei professionisti, sempre su pista, dal 1958 al 1962. Fu emigrante sportivo di successo, vivendo e gareggiando a Parigi, negli anni d’oro, quando i tifosi impazzivano per gli acrobati dei velodromi.

Sono firmate da Virginio Pizzali alcune delle grandi imprese che fecero diventare mitica la squadra della Ignis del cavalier Borghi, quello che poi generò anche il dominio del grande basket varesino degli anni Settanta.

Oggi, il ricordo di Pizzali vive al Ciclismuseo di Renato Bulfon, in centro a Mortegliano, dove sono conservati tutti i principali cimeli del pistard. E dove il mito di Virginio continuerà a vivere. 


 

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