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La fuga, taaac; l’attacco, taaac; la vittoria, Taaaco!

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Impresa di Van der Hoorn nella terza tappa del Giro d’Italia, l’olandese anticipa il gruppo dopo 185 km in avanscoperta. Cimolai secondo su Sagan e Viviani; nel finale bel tentativo di Ciccone con Gallopin

Taco Van der Hoorn è un corridore molto più amato di quanto il suo scarnissimo palmarès lascerebbe intendere: una tappa al BinckBank Tour 2018 come massima affermazione prima di oggi, e poi di colpo si ritrova su tutte le prime pagine al termine di una giornata incredibile, 185 km di fuga, gli ultimi 9 da solo, lasciando scoprire al mondo tutta la qualità delle sue gambe con un finale memorabile in cui non solo ha resistito al ritorno del gruppo, ma è stato pure in grado di aumentare nuovamente il margine, respingendo un buon tentativo di Giulio Ciccone e Tony Gallopin, e tenendo a distanza il plotone delle incertezze: stretto tra la necessità di non forzare troppo sulle salitelle del finale (perché non si staccassero gli stessi capitani veloci delle squadre che provavano a far la corsa – la Bora-Hansgrohe in particolare) e quella di chiudere sulla fuga, il gruppo ha sbagliato di poco i calcoli.

E va bene, la gioia incontenibile negli occhi del 27enne di Rotterdam riempie gli schermi e rende al ragazzo (all’esordio in un GT) un po’ di quel credito accumulato in anni di fughe, di sconfitte e di intoppi che sarebbero potuti costar cari, su tutti una commozione cerebrale che nel 2017 ne mise addirittura a rischio la carriera. Per la sua piccola Intermarché-Wanty-Gobert, la meno ricca di tutte le squadre World Tour, è la prima vittoria stagionale, nonché la giustificazione alla presenza nella massima serie del ciclismo, e quindi al Giro 2021.

Taco avrà anche cura di ringraziare i suoi compagni di fuga, che hanno contribuito grandemente (soprattutto Simon Pellaud nel finale) al suo successo, prima di staccarsi uno dopo l’altro negli ultimi chilometri. Per la classifica cambia praticamente nulla, a parte l’azione di Ciccone e Gallopin non s’è mossa mosca in gruppo, per cui tutto è rinviato a domani: a Sestola si farà sul serio.

La terza tappa del Giro d’Italia 2021 è partita da Biella sotto la pioggia che maldisponeva i ragazzi del gruppo a sciropparsi i 190 km che li aspettavano fino a Canale; ma comunque quelli erano, andavano percorsi in ogni caso (e la pioggia sarebbe poi finita), e allora senza tante ciance quelli che dovevano partire per la fuga si sono mossi subito: Alexis Gougeard (AG2R Citroën), Simon Pellaud (Androni-Sidermec), Samuele Zoccarato (Bardiani-CSF), Vincenzo Albanese e Samuele Rivi (Eolo-Kometa), Lars Van den Berg (Groupama-FDJ) e Taco Van der Hoorn (Intermarché-Wanty) son partiti dalle parti del km 5, poco dopo si è aggregato alla compagnia anche il giovanissimo Andrii Ponomar (Androni), il più imberbe dei 184 coi suoi 18 anni e 8 mesi, ma anche il più imberbe dal dopoguerra a oggi, si direbbe.

Ad aiutare il ragazzino a rientrare, Pellaud, un aficionado delle fughe degli ultimi Giri, nonché uno dei più dispiaciuti in casa Androni quando si seppe che la wild card non era stata prevista per il team di Savio. Poi la storia ha preso altri svincoli, come tutti sappiamo. Nell’azione naturale la presenza di tutte le Professional italiane, in particolare Albanese, con l’occhio sui Gpm per rafforzare la maglia azzurra conquistata ieri, si è portato pure Rivi come prezioso supporto. Altri maniaci degli attacchi a lunga gittata come Gougeard e Van der Hoorn, un giovanotto tutto da scoprire come LVDB (22 anni: non tanti anni fa era una rarità uno di quest’età in gruppo, in quest’epoca passa inosservato…), e la brigatella ha preso presto le sue dimensioni a livello di vantaggio: 6’30” al massimo dopo una trentina di chilometri, poi il gruppo ha preso il metro da sarto per iniziare a prendere le misure all’azione degli 8.

Da qui a lì possiamo anche fare un unico balzo, “lì” sarebbe il traguardo volante di Canelli ai -76, Pellaud vi si è imposto su Zoccarato, in gruppo (a 3’30” dai primi) Giacomo Nizzolo (Qhubeka Assos) ha anticipato tutti per il nono posto, ma non è che i rivali per la ciclamino si siano più di tanto scomposti: ovvio, non c’erano punti in palio per il nono… Epic fail! Dopo lo sprint c’era subito la prima salita di giornata, Piancanelli, 3a categoria, ovvero il Gpm con la più corposa dote di punti della giornata, per cui davanti si son dati da fare: Ponomar è partito subito non appena la strada ha iniziato a inerpicarsi dolcemente, ma dopo un chilometrino Rivi ha riportato tutti sotto (ecco l’importanza del luogotenente di Albanese).

La disfida era proprio tra i due Androni e i due Eolo, e allora in vista della volata (ai -68) Pellaud ha provato ad anticipare ma Albanese non s’è fatto sorprendere e ha chiuso, lui e Van den Berg. Allo sprint il tosco-campano non ha avuto problemi, si è preso i 9 punti in palio e ha messo al sicuro la maglia azzurra per un’altra giornata. La discesa di Piancanelli ha visto qualche numero, equilibrismi per restare in piedi (Ponomar), o ruzzoloni veri e propri (tra gli altri Manuel Belletti della Eolo) in gruppo; un gruppo che tra salita e picchiata ha avuto un minimo di selezione e già un discreto massimo di stress, ad ogni buon conto i Bora-Hansgrohe, come facevano dall’inizio della tappa, tenevano il timone con regolarità, puntando a portare Peter Sagan in posizione ideale di sparo, senza al contempo fiaccarlo con un’andatura troppo fastidiosa. Va da sé che l’andatura non fastidiosa per Sagan poteva tranquillamente esserlo per i velocisti più puri, e infatti Caleb Ewan (Lotto Soudal) e Dylan Groenewegen (Jumbo-Visma), tanto per fare due nomi, non se la passavano benissimo.

Proprio la regolarità del ritmo dietro permetteva agli 8 battistrada di poter continuare a gestire i loro bravi 3′-3’30” di margine, e proprio con 3′ pieni hanno doppiato lo striscione dei -50 all’arrivo; striscione che più o meno coincideva con l’inizio della salita di Castino, secondo Gpm di giornata (4a categoria). Qui Ponomar ha perso contatto dagli altri 7, e in gruppo le vittime della scalatina sono aumentate rispetto alla rampa precedente, e tra gli altri abbiamo notato staccarsi il vincitore di Novara Tim Merlier (Alpecin-Fenix): a questo punto in pratica è risultato ufficiale che gli sprinter se la sarebbero dovuta sudare fino in fondo, almeno quelli in grado di resistere ai vari strappi.

Albanese ha vinto senza problemi il Gpm di Castino (ai -45.5) su Van den Berg e Pellaud, il plotone è transitato a 2′ sempre condotto dai Bora, e la discesa è durata un attimo che già si era sul terzo Gpm, quello di Manera. Subito si è staccato anche Rivi ai -40, il plotone ha perso altre ruote veloci (Nizzolo tra gli altri) ed è rimasto sempre più ridotto, mentre stavolta al Gpm Pellaud è riuscito a piegare infine Albanese, anticipando con Zoccarato e assicurandosi il primo transito ai -36.2. Il corridore della Eolo chiude comunque la giornata con 16 punti Gpm contro i 6 di Pellaud e Van den Berg; domani per lui non sarà impossibile conservare il primato della relativa classifica.

Qui il gruppo è passato con 1’30” di ritardo, davanti erano rimasti in cinque (out Gougeard) e sull’ultima salita, quella di Guarene, sarebbero rimasti in tre: Pellaud ha forzato, Van der Hoorn ha risposto, Zoccarato è riuscito ad accodarsi poco dopo, il gruppo era vicino e ai -16, a un chilometro dalla vetta, si è mosso Tony Gallopin (AG2R) francobollato da Giulio Ciccone (Trek-Segafredo); i due non hanno fatto in tempo a chiudere sul terzetto al comando prima del traguardo volante con abbuoni (vinto da Pellaud su Van der Hoorn e Zoccarato, che qui si è staccato definitivamente), ma hanno rimescolato un po’ le carte per quanto riguardava il finale: son passati con una quindicina di secondi di distacco dai primi e altrettanti di vantaggio sul plotone, e a quel punto hanno deciso di crederci, provando a volare i 15 km conclusivi, raggiungere Pellaud e TVDH, e resistere al ritorno degli inseguitori.

Non facile nessuno dei due intenti: intanto Simon e Taco non accennavano a mollare la presa; i contrattaccanti hanno raggiunto Zoccarato, ma il margine dei primi è cresciuto fino a mezzo minuto (rilevamento ai -10). Poi ai -9, nel momento di massimo sforzo di Pellaud, Van der Hoorn ha piazzato l’allungo velenoso e ha staccato l’elvetico, inesorabilmente. L’olandese ha tenuto molto bene anche sullo strappetto di Occhetti ai -6, e a quel punto – quando la Cofidis, Solutions Crédits si è coagulata intorno a Elia Viviani in testa al gruppo, rilevando i Bora – l’impressione dietro era che i buoi fossero scappati dalla stalla.

Sulla rampetta Gallopin, Ciccone e Zoccarato si son riportati su Pellaud, qui l’abruzzese ha accelerato e se n’è andato via con Gallopin ma come li andavi a chiudere i 20″ abbondanti che conservava ancora Taco? Anche la UAE-Emirates ci ha dato dentro a questo punto, con l’obiettivo di lanciare Fernando Gaviria, ma il massimo che s’è potuto fare è stato di andare a riprendere i due intercalati, raggiunti ai 2 km; Van der Hoorn aveva ancora 20″: gli sarebbero bastati.

Non celando una certa incredulità nelle strade di Canale su cui andava a concludersi la sua memorabile giornata, Van der Hoorn ha finalizzato un capolavoro, precedendo la rabbia dei battuti, beffati per soli 4″ con Davide Cimolai (Israel Start-Up Nation) a vincere la volata per il secondo posto su Sagan, Viviani (che si è lamentato per essere stato un po’ chiuso alle transenne dallo stesso Cimolai), Patrick Bevin (Israel), Gianni Vermeersch (Alpecin-Fenix), Gaviria, Alberto Bettiol (EF Education-Nippo), Stefano Oldani (Lotto Soudal) e Jacopo Mosca (Trek).

Filippo Ganna (Ineos Grenadiers) resta in maglia rosa, saltato Edoardo Affini (Jumbo) che era secondo (e pure altri ex top ten che oggi non sono stati in grado di tenere); ora alle spalle di Pippo troviamo Tobias Foss (Jumbo) a 16″, Remco Evenepoel e João Almeida (Deceuninck-Quick Step) a 20″, Rémi Cavagna (Deceuninck) a 21″, Gianni Moscon (Ineos) a 26″, Aleksandr Vlasov (Astana-Premier Tech) a 27″, Bettiol a 29″, Jonathan Castroviejo (Ineos) a 30″ e Diego Ulissi (UAE) a 32″.

Domani con la quarta tappa si fa abbastanza sul serio, la Piacenza-Sestola di 187 km è piena di saliscendi e l’ultima scalata, al Colle Passerino, scollina – con le sue ardue pendenze – a due chilometri e mezzo dalla fine: gli uomini di classifica non potranno più nascondersi.

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