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Coro di no al curling bisiac a Monfalcone

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MONFALCONE. Da un lato la comprensibile tentazione di far scivolare nuovamente la tomica sulla spianata di ghiaccio. Un brivido caldo, un tuffo indietro nel tempo quando non c’erano mascherine, ci si poteva abbracciare e baciare, era consentito ignorare il numero dei convitati per impiattare il cenone. Dall’altro una pista formato extra large messa lì, nell’ombelico di Monfalcone, come una sirena nel golfo di Salerno ad ammaliare l’Ulisse di turno. Che il patatrac prima o poi scoppiasse era nell’aria, se non già dietro l’angolo.

Ma prima di tutto bisogna confessare una cosa. Monfalcone comincia a pensare di essersi persa qualcosa, con il curling bisiac, che come l’erba del vicino è sempre più verde.

Dall’altr’anno, prima buttando lì la possibilità di ospitare qualche match in trasferta, a quest’anno, dove forse ci sono stati anche dei contatti sotterranei, su input dei numerosissimi giocatori (che davvero non stanno più nella pelle all’idea di ricreare l’atmosfera di festa) la riflessione è sempre quella: è possibile esportare il curling bisiac? O meglio: si può avere una fetta di quell’incredibile, affatto scontato, successo in fondo tutto popolare? La risposta razionale è no.

Perché se lo sport inventato da Ronchi nel 2013 migrasse altrove si scatenerebbe la rivoluzione. Coi forconi. Ma la tentazione è tanta, come si è scritto nei giorni scorsi.

Non supportata però dagli ambienti di centrosinistra, che anzi remano con Ronchi. Gli organizzatori della strepitosa manifestazione, cresciuta a dismisura negli anni, fino a ospitare 64 squadre e oltre 800 giocatori nell’ultima edizione del 2019 (creando en passant musica per le casse delle attività), ieri si sono sentiti in dovere di intervenire con un comunicato stampa diffuso sulla pagina social del curling. Il messaggio è forte e chiaro: non si allestisce un bel niente quest’anno per senso di responsabilità. Perché ricreare l’evento significa esporre a un potenziale pericolo la salute dei patiti della pignatta a pressione su ghiaccio.

No grazie, insomma. Un «colpo», sicuramente al cuore, apprendere quindi che «la decisione ha attivato un insieme di eventi per sradicare» lo sport ronchese. Di qui la domanda: non sarebbe meglio impiegare le energie «a trovare una valida e originale alternativa?». Della serie: ne è passata di acqua sotto i ponti da quando Monfalcone faceva scuola e i comuni minori imitavano. I rapporti si sono rovesciati. «Monfalcone che si rinnovi per conto proprio», commenta, sempre sui social, Michela Percuzzi, segretaria del Pd. E pure Cristiana Morsolin (La Sinistra) plaude alla decisione di Ronchi. Nei commenti c’è perfino chi suggerisce di registrare il marchio e intentare azioni in difesa del diritto d’autore.

A chi non vive qui sembra incredibile, ma si litiga per una tomica. —

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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