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Mike Tyson e l’urina (dei figli) per frodare l’antidoping

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Marco Borriello
Sara Errani
Romario
Gil Roberts
Petr Korda
Angelo Peruzzi e Andrea Carnevale
Mark Bosnich
Edgar Davids

Non è la prima ammissione, ma questa volta è assolutamente esplicita. Mike Tyson, ex campione dei pesi massimi, intervistato da Espn, ha ammesso di avere usato l’urina dei figli per superare i test antidoping e ha confessato mettendoci dentro anche quella che sembra una battuta. «Volevo utilizzare quella di mia moglie, che però mi disse: “Poi risulta che sei incinto”».

Ha poi spiegato come ha fatto. «Ho pensato che sarebbe stato meglio prendere quella dei miei figli. Come facevo? Usavo un pene finto. La maggior parte degli uomini si sente a disagio quando mostri il pene, quindi si voltavano sempre e io potevo ricorrere a questo trucco».

Non è un trucco nuovo e il kit si trova su internet senza fatica. Ha usato lo stesso metodo, garantendosi tre anni di squalifica, il siepista Devis Licciardi. Tre anni e sei mesi alla sua fidanzata, Sara Malpetti, che aveva comprato l’oggetto su Internet. Aveva spiegato il suo gesto come una provocazione nei confronti dell’inefficienza del sistema. Non è stato creduto.

È stato invece smascherato dalle false urine in cestista americano, D.J. Cooper. Ha sostituito la sua provetta con quella di un’amica, senza però badare ad un piccolo ma fondamentale particolare: l’ormone Ghc prodotto dalla placenta, che rivela appunto lo stato di gravidanza in cui si trova la ragazza. Cooper, quindi, è risultato incinto.

Più brutale il metodo del nuotatore cinese Sun Yang, quello con cui l’australiano Mack Horton non è voluto salire sul podio ai mondiali di nuoto di Gwangju. Nel settembre scorso avrebbe distrutto, pare a martellate, una provetta contenente il suo sangue impedendo così possibili controlli. La Wada, l’agenzia internazionale antidoping ha riportato la questione al Tas, il tribunale arbitrale dello sport, ma la decisione arriverà solo nei prossimi mesi.

Di solito le scuse più bizzarre di fronte all’antidoping arrivano soltanto in seconda battuta, per giustificarsi della positività: da Marco Borriello che dichiarò di aver usato per sbaglio la crema vaginale della fidanzata dell’epoca, Belén Rodriguez (che confermò), al brasiliano Romario, che tirò in ballo uno shampoo che usava contro la caduta dei capelli.

Diede la colpa ai tortellini la tennista italiana Sara Errani ad un test antidoping datato 16 febbraio. Nelle sue urine c’era letrozolo, un modulatore ormonale e metabolico. L’assunzione era per lei avvenuta in modo involontario, a causa di una pastiglia di Femara, un farmaco anticancro utilizzato dalla madre e per sbaglio finito tra gli alimenti di casa. Nel reparto cibo anche le «maledette bistecche» di Petr Korda e le «terribili» fettuccine di Peruzzi e Carnevale per cui dovettero prendere un farmaco dimagrante.

Per l’ex juventino Edgar Davids la presenza di nandrolone era colpa di uno sciroppo omeopatico per la tosse, mentre l’ex portiere Bosnich affermò che assumeva cocaina a fin di bene, «per cercar di far smettere la moglie». Nel 1999 il campione olimpico dei 5000 ai Giochi Olimpici, Dieter Baumann, fu trovato positivo al nandrolone e disse che gli avevano dato un dentifricio illegale. L’ex vincitore del Giro d’Italia, Gilberto Simoni, fu trovato positivo alla cocaina. La colpa? Le caramelle dal Perù di una zia e un’otturazione ai denti. Per il tennista francese Richard Gasquet la polvere bianca arrivava invece da un bacio a una ragazza.

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