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F1, si lavora su un futuro stile Nascar con regular season e play-off? Il maxi-calendario sarebbe il primo passo…

La scorsa settimana è stato comunicato ufficialmente il calendario del Mondiale 2023 di Formula Uno. Si tratta del più corposo di sempre, poiché sono in programma ben 24 Gran Premi, due in più del già fitto 2022. Va sottolineato come 3 appuntamenti si disputeranno negli Stati Uniti (Miami, Austin e la new entry Las Vegas, posizionata in prime time al sabato sera). Proprio questa sempre più marcata americanizzazione del Circus e le dinamiche legate alla stagione corrente, durante la quale il pathos relativo al nome del Campione del Mondo è venuto meno a fine agosto, fa sorgere spontanea una riflessione.

Las Vegas sarà il penultimo GP. Se si dovesse ripetere la situazione del 2022, quella di un pilota dominante, vi si arriverebbe con i titoli già assegnati. Sappiamo bene come negli States lo sport sia inteso principalmente come spettacolo. In tal senso, il finale della stagione 2021 è stato quanto di più ideale potesse esistere. Un Mondiale deciso all’ultimo giro dell’ultima gara. Il dominio di chicchessia invece non fa bene allo show, soprattutto nelle fasi conclusive dell’anno. Siamo sicuri che una cultura in cui viene tutto concepito come un blockbuster, dove la trama è propedeutica al gran finale, non vada in futuro a stravolgere le dinamiche della F1?

A gennaio, l’amministratore delegato della F1 Stefano Domenicali, ha dichiarato apertamente come l’obiettivo sia quello di avere stagioni da 30 Gran Premi. Un’enormità. Sarebbero quasi il doppio rispetto a quelli di inizio XXI secolo e rappresenterebbero comunque un deciso incremento anche guardando al calendario corrente. Se il progetto è questo, si può credere che i promoter della Formula Uno accettino l’idea di avere una serie di GP privi d’interesse per il campionato, soprattutto quando ci si avvicina alla fine? Ovviamente no. Una scarsità di attenzione provocherebbe minore seguito da parte degli spettatori, con l’ovvia conseguenza far perdere valore al prodotto. Dunque, che fare per disinnescare la potenziale tirannia di un pilota o di un team? La risposta può essere rappresentata dal sistema Nascar, che ha davvero americanizzato le corse automobilistiche. Andiamo a spiegare come funziona.

F1: il prossimo anno saranno sei le sprint race, il Mondiale più lungo di sempre

La Nascar prevede 36 gare, ma si divide fra “regular season” e “play-off”. La prima va da febbraio ad agosto e comprende 26 appuntamenti, al termine dei quali viene applicato un taglio. Solamente i primi 16 della classifica generale restano in corsa per il campionato. Attenzione, non si limita la partecipazione, tutti prendono comunque il via agli eventi inseriti nei play-off. Però un eliminato non viene più preso in considerazione nella rincorsa al titolo. Può vincere 10 volte di fila dopo il cut, ma non sarà mai campione, perché era fuori dai primi 16 nel momento del taglio iniziale.

Il cut viene successivamente reiterato ogni tre tappe. Dopo il ventinovesimo appuntamento restano in corsa per il titolo 12 uomini, dopo il trentaduesimo ne rimangono 8 e dopo il trentacinquesimo ne sopravvivono 4. Questo quartetto è destinato a giocarsi il titolo nell’ultima gara, programmata a inizio novembre. La competizione assume quindi i contorni di un’autentica Final Four. Il primo dei quattro contender a passare sotto la bandiera a scacchi della “Championship Race” è il nuovo Campione.

Il sistema ha i suoi pregi, perché garantisce incertezza assoluta sino all’evento conclusivo, rigenerando automaticamente l’interesse ogni 3 eventi anche nei mesi di settembre e ottobre. Con un maxi-calendario da 30 GP e una filosofia sempre più statunitense, siamo sicuri che anche la Formula Uno non stia per battere la stessa strada, seppur con i dovuti correttivi e guardando a lungo termine?

Immaginate il potenziale scenario e applicatelo al 2022. Verstappen sta dominando? Sì, ma si deciderebbe tutto ad Abu Dhabi e se l’olandese lì dovesse ritirarsi, allora il Campione del Mondo diventerebbe qualcun altro! Magari il compagno di squadra Sergio Perez, nonostante sia rimasto in ombra tutto l’anno, riuscendo però a brillare alla resa dei conti. Quanto sarebbe americana questa storia? Quanto sarebbe a stelle strisce tale dinamica, improntata su regular season e play-off? Di sicuro fornirebbe una conclusione thrilling, dove il Campione può davvero essere inaspettato.

D’altronde, negli Stati Uniti, quando si parla di sport non si cerca di premiare il migliore. Si cerca semplicemente un vincitore. Se poi sia il più forte poco importa, con buona pace dell’aspetto puramente agonistico. Conta che il pubblico si sia divertito e compri il biglietto per lo spettacolo successivo.

Foto: @RACINGPICTURES

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