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Le missioni estreme dell’uomo volante: “La tuta alare è parte di me”

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A 8 anni si lanciava dalla finestra di casa con l’ombrello aperto. Fortunatamente a un paio di metri dal suolo. Finiva male, col parapioggia distrutto e qualche botta qua e là.

Il volo, la sfida, il rischio, l’emozione forte li aveva già nel dna. E, alle soglie dei 40 anni – che festeggerà tra un mese in Nepal – continua le missioni ai confini del possibile. Alcune le abbiamo viste – e le vedremo ancora per almeno cinque anni – sui canali Discovery, altre sulle sue pagine social.

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Lui è Danilo Callegari, grande esploratore, originario di Bannia di Fiume Veneto. Professione? «Pratico sport estremi».

Da qualche anno vive in Val di Fiemme di cui è testimonial sportivo, ma non trascura certo il suo Friuli, mostrato anche nelle dieci puntate del documentario girato dopo il Covid.

Adesso sta lavorando a un altro progetto, un’impresa esterna ancora segreta: «Ci vorranno mesi di lavoro, perlopiù all’estero». Non anticipa molto altro: «Non c’entra col volo alare».

Ed è di questo che parliamo, adesso, col primo italiano che si è lanciato da un aereo volando in caduta libera nel freddo cielo dell’Antartide.

«Da sempre sono affascinato al binomio aria-volo, dalla sensazione che si prova lanciandosi nel vuoto».

Racconta degli esiti rocamboleschi delle prime esperienze in casa, quelle dal balcone, dei voli con gli ultraleggeri a 15 anni con gli amici, dell’istituzionalizzazione di una passione quando, nel 2004, si è arruolato per quattro anni nella Brigata Paracadutisti, a Livorno.

Non solo terra e acqua, dunque. «In aria pratico il paracadutismo in diverse forme». Non si tratta di hobby, «uno ce l’ho ed è la play station», ma di una vera e propria professione: «Volo con la tuta, sub, apnea e scialpinismo sono la quotidianità, parte del mio lavoro.

Per esempio, non posso permettermi di farmi male giocando a calcetto».

La tuta alare è una delle discipline che pratica, ma ci sono pure, al di là dei termini tecnici, il parapendio, le vele grandi, le leggere, più piccole, che coniugano la bassa quota all’alta velocità.

«Che emozione guardare la terra dall’alto, cullato dal vento, immerso nel silenzio, esplorando le cime delle montagne, in estate e in inverno, magari raggiunte a piedi o con gli sci».

Danilo Callegari non nasconde i rischi in aria, così come si presentano con l’alpinismo, l’apnea e via dicendo. È il mestiere.

«Mi piace volare, stare in aria, è bellissimo!», ribadisce. «C’è adrenalina, voglia di metterti in gioco, senso di libertà. La caduta libera è il senso più estremo di libertà: ti senti parte dell’elemento aria.

La tuta è il mezzo volante che permette di trasformare una discesa verticale in una discesa semi-orizzontale. La tuta diventa parte di te, più di qualsiasi altro mezzo volante».

Il Covid ha cambiato la programmazione delle Avventure estreme su Dmax tra Italia ed Europa. «Nel 2021 ho girato in Italia, da maggio a novembre».

Cinque puntate sono uscite lo stesso anno, altrettante nel 2022: due ambientate in Valle d’Aosta, Monte Bianco e Rosa, una in Friuli Venezia Giulia, da Piancavallo al mare davanti a Lignano e Slovenia («a proposito: amo molto la mia terra d’origine, ha acqua, terra e aria da valorizzare con tempo, energie e strutture e non solo con soldi»), quindi Val di Fiemme, Puglia, Isole Eolie, Sardegna, Gran Sasso, Calabria e Costiera Amalfitana.

Il 21 febbraio compirà 40 anni. «Andrò per una settimana a Kathmandu, in Nepal, da solo. Nessun resort, nessuna mega festa, quella è una città che conosco bene e dove ho tanti amici. Sarà una settimana di gioia, per stare bene nei templi, tra la gente, bevendo the».

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