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Bottegal racconta 34 anni con il parapendio: «Dal 1987 non sono più riuscito a smettere»

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Bottegal racconta 34 anni con il parapendio: «Dal 1987 non sono più riuscito a smettere»

FELTRE. Duecentocinquanta pagine, 70 aneddoti, 160 foto e più di 10 mila ore per aria: «Poi non puoi più contarle, in 34 anni di volo». Pensieri e parole di Maurizio Bottegal hanno spiccato il volo come fa lui con il parapendio «ed è stato un piacere metterli su carta», racconta il pilota pluridecorato di parapendio, che ha calcato l’ambiente agonistico internazionale dal 1989 al 2009 (comprese una medaglia d’argento a squadre ai Campionati del mondo in Messico 2009 e una di bronzo in Austria venti anni prima) e continua a staccare i piedi da terra perché non può farne a meno.

Classe 1962, è istruttore esaminatore di volo libero, fondatore e direttore della scuola di volo “Monte Avena”. Quattro anni fa è stato direttore di gara del campionato mondiale di parapendio disputato sui cieli feltrini. C’è tutto nel libro “Signori del vento. La (mia) storia del parapendio fra aneddoti e curiosità”, che presenterà domani (tempo permettendo) alle 18 a malga Campet, sul monte Avena.

Hai sentito la necessità di raccontare la tua storia in un libro?

«È la mia storia del parapendio, però ho messo “mia” tra parentesi nel titolo proprio perché è anche la storia del parapendio di molti altri piloti che ho incontrato lungo il percorso e hanno impreziosito questo libro con pensieri e racconti particolari. Sono successe tante cose in giro per il mondo, ho conosciuto tante persone e a diciotto piloti ho chiesto un contributo».

Come è impostato il racconto?

«Il libro è pensato ad emozioni, un racconto attraverso gli aneddoti. La cosa che più mi è piaciuta è che qualche pagina letta da persone che non volano, ha fatto venire loro la voglia di fare il corso di parapendio».

Cos’è il volo?

«È una fortissima passione. Ho iniziato nel 1987 e non sono più riuscito a smettere. Agli inizi eravamo poco più che paracadutisti senza aereo e le gare erano di precisione in atterraggio, poi ci sono state evoluzioni incredibili».

Cosa ti attira verso l’alto?

«Sono sempre stato molto sportivo e altrettanto competitivo. Quando fai gare, il divertimento molto spesso è legato al risultato, mentre quando smetti, ti accorgi che hai volato per vent’anni sulle Vette Feltrine e non le hai mai viste. Con la scuola di parapendio portiamo tutti i giorni persone a volare in tandem e la cosa più bella è che rimangono estasiati dal fatto che è un’emozione dolce. All’inizio non ci credono, perché pensano che sia una cosa adrenalinica».

Come consideri l’aspetto del rischio?

«Se fai sport, comunque rischi qualcosa. Noi abbiamo percentuali di rischio simili al ciclismo, alla moto e a molte altre cose. Volo da 34 anni e l’ultima volta che ho rischiato la vita è stato in bici sul monte Tomatico. In pratica con il parapendio è un decollo, non un lancio nel vuoto, è molto più soft di quello che uno pensa. Un certo timore è giusto che ci sia, non paura perché sennò è meglio lasciar perdere, però il giusto timore ti fa stare all’erta».

Volare è un’emozione sempre nuova oppure dopo un po’ ci si abitua?

«Le emozioni che ho provato nei primi anni in cui era tutto una scoperta non possono più esserci. Però le emozioni ci sono sempre, come in voli lunghi, oppure in passaggi particolari in cui riesci magari a fare delle foto in ambienti incredibili, che non potresti raggiungere in altro modo. Qualche anno fa sono partito da Bassano e ho attraversato dopo quattro-cinque ore il lago di Garda: è stata una cosa incredibile, ho fatto i video di tutto il percorso e mi emoziono ancora adesso a guardarli».

Che rapporto ha il parapendio con gli uccelli rapaci?

«Sono nostri compagni di viaggio. Noi sfruttiamo loro per trovare le correnti di aria calda per salire, ma loro nel tempo hanno imparato a sfruttare noi: ti accorgi che ti guardano, vedono se sei in una corrente d’aria calda che sale e vengono lì anche loro».

Il monte Avena è la casa del volo libero.

«Ha una lunga tradizione ed è un punto molto particolare per il mix di vallata larga, monte non troppo alto e quindi non troppo esposto a venti in quota, atterraggio molto grande con la struttura del Boscherai che negli anni si è affermata a livello europeo e mondiale».

Raffaele Scottini

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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